La sindrome della crocerossina

(apparso su "Donna" di Repubblica il 10 settembre 2014))

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Diventare le infermiere/psicologhe/mamme del proprio partner nasconde grandi insicurezze e un bisogno (non confessato) di essere curate. Ce ne parla Enrico Faggiano, psicologo e psicoterapeuta

di Marzia Nicolini

La sindrome della crocerossina
Uomini messi sul piedistallo, curati, protetti, coccolati quasi fossero bambini indifesi e non partner alla pari capaci di difendersi da soli? Lo scenario della coppia in cui lei si immola a fare la crocerossina è più o meno questo. Il problema non è solo superficiale o una questione puramente femminista di principio: il fatto è che questo atteggiamento dell'io ti salverò cela dei disagi profondi e spesso diventa una gabbia senza chiave. Per la donna, certamente, ma anche per lo stesso uomo, in un rapporto di reciproca dipendenza ad alto rischio. Attenzione, quindi: non si tratta di essere gentili e accudenti, caratteristiche legittime, ma di annullarsi in virtù dell'altro, mettendo da parte se stesse. Ne abbiamo parlato con lo psicologo e psicoterapeuta Enrico Faggiano.

Può spiegarci perché tante donne cadono in questo ruolo?
Quasi sempre questo comportamento si lega ad un senso di colpa di cui si è poco o per nulla consapevoli.

La scelta di diventare "la salvatrice" del proprio uomo può nascondere delle mancanze nell'infanzia o nella giovinezza?
Tra le cause che possiamo ritrovare c’è un voler aiutare l’altro per trovare in fondo una pace in se stessi. Aiutare l’altro, per una donna che ha la sindrome della crocerossina, è come aiutarsi senza dirselo, placando quei sensi di colpa che – sorti nell’infanzia o in giovinezza – l’hanno fatta sentire oppressa, schiacciata e oserei dire annullata. Un esempio cinematografico molto rinomato di questa sindrome è rappresentata dal film “Io ti salverò” di Alfred Hitchcock.

Quali sono i meccanismi psicologici che scattano nella donna crocerossina?
Più che di meccanismi psicologici nel vero senso del termine, influiscono in tale processo altri aspetti, tra cui i sensi di colpa di cui parlavamo prima e una fortissima identificazione con la persona che soffre che tende ad “annebbiare la vista”.

Chi è la crocerossina tipo? Un esempio di crocerossina può essere una ragazza che ha sofferto nella sua infanzia per una situazione familiare molto grave, ad esempio la perdita dei genitori. Può essere che si sia sentita abbandonata e abbia provato una forte rabbia verso i genitori scomparsi, che però non ha potuto esprimere per gli schiaccianti sensi di colpa provati subito dopo. Può essere che quel sentimento vissuto la porti a voler aiutare una persona che soffre, come ha sofferto lei, anche se questa persona è afflitta per motivi diversi.

Ed esiste un “identikit” dell'uomo da salvare?
Direi di no: può essere una persona che non si accorge di pesare sulla sua donna o al contrario qualcuno che non si fa scrupoli e si approfitta della situazione.

Quali sono i rischi dell'assumersi questo ruolo?
I rischi sono alti: può accadere che più l’uomo sta male, più la donna troverà un senso alla sua vita. Il ruolo della crocerossina non è assunto in modo consapevole, e questo è l'aspetto grave. Ci sono donne, ad esempio che vivono con uomini con seri problemi di alcolismo, magari subendo violenza psicologica e fisica, e pur vivendo in queste situazioni disperate continuano a portare avanti la relazione. Negano la realtà.

Come se ne esce?
L’unico modo è prendere coscienza di avere un problema. Sembra poco, ma in realtà è molto complicato, perché la donna trova sollievo nell’aiutare l’altro, quindi non lo vive come un problema, bensì come soluzione al suo malessere.

Cosa può intralciare questo processo di “guarigione”?
Il fatto che la donna crocerossina è di fatto molto dipendente dal proprio uomo, nel bene e nel male, quindi fatica a separarsi da lui. Non si riesce a immaginare sola, senza qualcuno su cui riversare le proprie cure e attenzioni.

Per finire, perché sono molto più numerose le donne crocerossine che gli uomini affetti da questa sindrome di pronto aiuto? Sono certo che il motivo sia da ricercare nell’educazione della donna, oltre ad uno spirito materno innato. Una volta, ad esempio, il ruolo del medico era riservato all’uomo, oggi in ambito sanitario e sociale le donne sono in forte maggioranza e questo si rileva a livello internazionale. La donna è da sempre più propensa a prendersi cura di chi le sta accanto. Nel bene e nel male.